Conoscere l’elasticità della domanda riduce l’incertezza quando si aumentano i prezzi.
Il prezzo è il fondamento di qualsiasi prodotto o servizio. Ci posiziona sul mercato, definisce il valore per i nostri clienti e determina chiaramente profitti e perdite.
Conoscere l’elasticità delle referenze che compongono il portafoglio è un must se l’obiettivo è quello di massimizzare i margini. È ancora sorprendente che si parli di “Revenue growth Management” o “Revenue optimization” senza contemplare il concetto di elasticità dei prezzi.
Sappiamo quali prodotti del nostro assortimento sono più reattivi ad un aumento di prezzo? E, ancora più importante, sappiamo quali prodotti sono meno reattivi e potrebbero quindi sostenere un aumento maggiore dei prezzi senza impattare troppo sui volumi contenendo le perdite di margine?
Il mercato italiano è sensibile ai cambiamenti di prezzo, anche se ogni prodotto fa il suo gioco.
Durante la crisi pandemica, le elasticità sono rimaste stabili a livello mondiale in generale, ed in Italia in particolare, dove, l’elasticità media del mercato Italiano è stata di -1,94%, il che significa un’elasticità medio-alta.
Ma ogni referenza gioca un ruolo diverso. In questa caso, il 41% degli item registrano un’elasticità alta, e sono quindi molto più reattivi agli aumenti di prezzo.
In situazioni come l’aumento dei prezzi delle materie prime, conoscere il livello elasticità dei nostri prodotti ci permetterà di prendere decisioni migliori, agendo chirurgicamente.
Rispetto al resto dell’Europa, gli shopper italiani confrontano meno i prezzi
Una volta incorporato il concetto di elasticità, il passo successivo è quello di scomporlo nell’impatto che il prezzo stesso può avere sul volume e l’impatto che deriva dal confronto o dal gap con altre referenze e brand (sia all’interno del portafoglio che rispetto alla concorrenza). Chiamiamo il primo proprio o interno ed il secondo esterno o relativo.
Possiamo osservare come, nel periodo di nuova stabilità, solo il 23% dell’elasticità nel mercato italiano sia spiegata dal confronto o dal gap con altre referenze. L’Italia è uno dei paesi con il minor peso della componente di prezzo relativo – sia prima che dopo la pandemia.
In tempi di aumento generalizzato dei prezzi, la scomposizione dell’elasticità è fondamentale, perché è la sensibilità al gap competitivo a segnare il maggiore o minore calo di volume. Nonostante ci siano categorie ad alta elasticità, gli acquirenti non smetteranno di comprare certi prodotti in massa, ma sceglieranno tra le diverse alternative. Ci sarà quindi un trade-off tra brand, formati o acquisti più promozionali.
Per esempio, se analizziamo alcune categorie del FMCG, la loro posizione cambia quando ci concentriamo su questo aspetto relativo. Per esempio ci sono molte categorie con una grande componente di confronto o gap nella loro elasticità.
In situazioni inflazionistiche è assolutamente necessario sapere con chi si compete a scaffale. In molti casi la coerenza nella gamma, evitando la cannibalizzazione tra i formati, è possibile attraverso il coefficiente di elasticità relativa. Questo farà la differenza per una performance ottimale dei prezzi a scaffale.
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Quando o come? Strategie da applicare in scenari inflazionistici
Nella situazione attuale, due forze opposte stanno convergendo sulla variabile prezzo. In meno di sei mesi siamo passati dal parlare di una riduzione dovuta alla crisi economica latente a un aumento dovuto alla pressione sui costi operativi. È possibile combinare le due strategie? Quando dovremmo agire?
Alla prima domanda la risposta è sì. Alla seconda domanda, la risposta è che la tempistica è rilevante, ma alla fine tutti dovranno attuare questo aumento. Ciò che è veramente cruciale non è quando applicarlo, ma come applicarlo, cioè su quali prodotti e in che modo: su quali referenze si possono ipotizzare aumenti maggiori perché hanno elasticità minori, ed al contrario, su quali referenze occorre contenere un po’ di più l’aumento del prezzo perché molto elastiche?
Ecco gli step per definire una corretta strategia di prezzo:
- Identificare l’elasticità al prezzo dell’intero assortimento. La chiave è la definizione dei movimenti di prezzo in base alla sensibilità di ogni articolo, aumentando gli articoli meno elastici e diminuendo quelli più elastici.
- Definire il gap di prezzo ideale per gli articoli, per il quale è fondamentale identificare l’elasticità incrociata dei prezzi tra il proprio portafoglio e quello dei concorrenti.
- Infine, simulare l’impatto dell’aggiustamento dei prezzi, convalidando il potenziale della strategia prima di eseguirla sul mercato, anticipando le reazioni dei competitor.
“Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la pandemia Covid-19 ha modificato la sensibilità ai prezzi per alcune categorie. Di conseguenza, la base per applicare gli aumenti di prezzo è diversa per ogni categoria. Il processo dovrebbe iniziare misurando i rischi e le opportunità che il cambiamento di prezzo avrà sull’intero assortimento, per poi identificare il prezzo che permetterà di raggiungere gli obiettivi proposti. Senza dimenticare che qualsiasi aumento di prezzo dovrebbe essere combinato con azioni di rivalutazione (come l’innovazione o la comunicazione, per esempio) e altre azioni compensative come le promozioni. In questo nuovo ambiente, industria e distribuzione dovranno agire con profondità di analisi, agilità e adattabilità”, afferma Andrea Succi, NielsenIQ Advanced Analytics Director Italy.